Pochi contesti di conoscenza sono più fastidiosi e generalmente percepiti come complessi come quello delle pensioni, che in una nazione come quella italiana, alle prese con vari problemi di natura fiscale ma non solo. La riforma delle pensioni, rimandata a lungo ma anche caldeggiata da anni, sembra essere oramai alle porte con le novità in ambito di pensioni di invalidità e reversibilità che saranno il tema principale di numerosi cambiamenti.
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Il sistema pensionistico in Italia è stato influenzato da numerosi problemi, sia di natura sociale che fiscale: l’Italia è una nazione sempre meno giovane, che per forza di cose ha difficoltà a partire dalla tradizionale opera di sostituzione generazionale dal punto di vista lavorativo, condzione che rende le nuove generazioni maggiormente vittima di politiche non propriamente favorevoli. La riforma delle pensioni condizionerà in modo pesante sia le pensioni contributive che quelle di invalidità ma non solo.
Sono numerosi i fattori in gioco, che scatteranno per forza di cose non prima del 2024, tra cui anche il fattore che tiene conto delle risorse del PNRR, difficilmente una vera e propria riforma delle pensioni potrà essere attualizzata in tutto il suo essere nel corso dei prossimi mesi, appare invece più realisticamente possibile una opera di rinnovo previdenza della prossima Legge di Bilancio. Nel concreto nessun stravolgimento effettivo in ambito totale (secondo varie fonti semplicemente “mancano i fondi” destinati al pacchetto sociale con soli 2 miliardi di euro da destinare), ma alcune novità, di cui il probabile mantenimento nella maggior parte dei casi, delle strutture già presenti, in termini di bonus ed agevolazioni. Non appare quindi il momento di una radicale riforma pensionistica, quanto piuttosto la continuazione di un iter che va avanti da oramai molti anni, circa un decennio.
Saranno quasi sicuramente prorogate le varie tipologie come i vari sistemi legati al prepensionamento, come Quota 103 o Ape Sociale oppure Opzione Donna che potrebbero anche subire un vero e proprio potenziamento, data l’utilità effettiva, probabile quindi la principale forma di pensionamento anticipto all’interno della manovra 2023, che prevede l’uscita dal lavoro con 62 anni d’età e 41 di contributi.
Le cifre saranno sensibilmente minori, almeno secondo le prime proiezioni, per le tipologie di pensionamenti di reversibilità, ossia tutte quelle forme di pensionamento che viene applicato dallo stato nei confronti di un coniuge ed in alcuni casi anche dei propri familiari con la sopraggiunta dipartita del lavoratore, questa continuerà ad essere sensibilmente divisa tra indiretta e diretta, ossia per i soggetti deceduti quando ancora erano in età lavorativa oppure diretta, se il coniuge presenta alcune particolari fattori. Difficilmente saranno previsti importi in aumento sensibile da questo punto di vista, l’attuale ordinamento prevede il 60 % dell’importo pensionistico originale del defunto che aumenta al 80% in presenza di un figlio e che può arrivare in alcuni casi fino al 100 %.
Discorso probabilmente diverso le le pensioni sociali, che saranno sensibilmente “potenziate” con importi sensibilmente maggiori in particolare dal prossimo gennaio 2024, a causa della riequilibratura dovuta alla perequazione, che per l’appunto “aggiusta” i vari importi pensionstici in generale in base all’inflazione ed alla condizione economica del momento.